Wednesday, May 29, 2013

Fattaccio a Terrabianca

L'articolo che segue doveva essere pubblicato su un giornalino locale, ma sono ormai mesi che l'abbiamo postato senza ricevere notizie in merito alla sua uscita, pertanto abbiamo deciso di pubblicarlo su questo blog che del resto è il luogo ad esso più naturale. Si tratta di un sunto del materiale che abbiamo reperito presso l'archivio di Stato di Teramo relativamente al processo in cui fu coinvolta la famiglia D'Angelo negli anni venti. A eccezione dei membri della famiglia abbiamo preferito tacere sui nomi delle persone coinvolte nella vicenda, tuttavia ci farebbe molto piacere arricchirla con altre testimonianze da parte di coloro che hanno sentito i loro antenati raccontare, come è successo a noi,  questa incredibile storia.
 
" La storia di cui vi parlo in questo articolo si riferisce a una vicenda accaduta negli anni venti a Tortoreto, una vicenda che fece molto scalpore all'epoca e di cui mi capita ancora oggi di sentirne l'eco nei racconti delle persone anziane. Nella notte tra il 28 e 29 marzo del 1922 un gruppo di uomini si ritrovò davanti allo spaccio di sali e tabacchi della frazione di Terrabianca. Erano una quindicina, armati di fucili e pistole. Alcuni di loro avevano indosso busti di zinco per pararsi dai colpi, una sorta di giubbotto antiproiettili di dell'epoca e “mitria” (copricapo di metallo) in testa. C'era anche un fanciullo dodicenne tra loro, condotto lì da suo padre e da lui iniziato alla malavita. Uno degli uomini risultò particolarmente buffo al ragazzo perchè aveva indosso una pelle d'orso per camuffarsi. La banda si diresse verso il casolare della famiglia D'Angelo, soprannominata Crevì, dove abitava Antonio D'Angelo tornato da pochi mesi dagli Stati Uniti con un discreto gruzzolo, frutto di molti sacrifici e di 8 anni di lavoro duro sulle ferrovie d'America. Era successo che una mattina mentre l'anziana madre era intenta a ricontare i soldi che il figlio aveva riportato, si fosse inavvertitamente introdotto in casa un vicino “Filumè, ti sei arricchita!” aveva esclamato, rimanendo molto impressionato dalla vista di quel denaro. La voce si sparse così per la contrada Terrabianca tanto che si formò una banda composta da alcuni ladri recidivi, qualche violento con precedenti penali e da insospettabili incensurati. La banda di balordi che quella notte sarebbe entrata in azione. Giunti nei pressi del casolare dei D'Angelo circondarono la casa, mentre il ragazzo fu messo a guardia della strada, nascosto in un pantano. Due di loro, tra cui quello coperto da pelliccia, indossavano una maschera di stoffa rossa legata a cordicelle che avevano fatto passare attraverso le gambe, in modo che non potesse essere loro sfilata. Le testimonianze che seguono sono tratte dai verbali del processo penale che seguì a quella vicenda. Esse si riferiscono alla confessione del ragazzo coinvolto dal padre e al resoconto che fecero Antonio e Bernardo D'Angelo al giudice istruttore.
Racconta Antonio D'Angelo « Erano le 22:30 circa, io e i miei fratelli Giuseppe, Bernardo e Abele eravamo già andati a letto dormendo nella stessa camera mentre in un'altra camera della nostra abitazione dormivano mia madre e le mie sorelle Vittoria, Nicolina e Argentina. A un tratto sentii un rumore proveniente dalla stalla sottostante. Poiché qualche sera prima avevamo subito un furto di oche e galline pensai che si stesse ritentando il colpo a nostro danno. Allora mi alzai, presi il fucile che avevo in camera e sparai un colpo dalla finestra...»
Racconta il ragazzo « Ero stato messo di guardia da mio padre vicino a un pantano dove potevo tener d'occhio sia la strada che la casa dei Crevì. A un certo punto udii un colpo di fucile provenire dalla casa al seguito del quale tutti gli uomini scapparono via tranne il signor X che era andato a rubare nella stalla...»
Prosegue Antonio «… dopo aver esploso un colpo di fucile aprii uno dei battenti del portone d'ingresso e con grande mia sorpresa vi trovai dietro un uomo. Questi era armato di rivoltella e cominciò a sparare tanto che se non mi fossi prontamente curvato mi avrebbe ucciso. Riuscii ad afferrarlo per le braccia e a buttarlo a terra, ma questi mi diede un colpo sul viso col calcio della pistola e fuggì...»
Racconta il ragazzo « dopo quel colpo di fucile udii sei colpi di rivoltella provenire dalla casa e poco dopo arrivò anche il signor X che, come era stato convenuto, al segnale si dileguò insieme a tutti gli altri »
Prosegue ancora Antonio « In quel momento in casa regnava una gran confusione, mia madre e le mie sorelle gridavano e piangevano. Mio fratello Bernardo era a terra sanguinante, era rimasto ferito mentre accorreva in mio aiuto...»
Racconta il diciottenne Bernardo D'Angelo « Ieri sera, verso le ore 11, mentre ero a letto, sentii dei belati delle pecore e delle capre e temendo che dei ladri vi fossero nell'ovile, aprii la porta di casa e m'imbattei in un individuo che sulle prime scambiai per mio fratello, tanto che cominciai a chiamarlo per nome: “Antonio, Antonio” ma lo sconosciuto, che aveva il viso bendato, in un salto fu dentro al fabbricato e cominciò a sparare all'impazzata e riuscì, anche nell'oscurità in cui eravamo, ad attingermi con tre proiettili. Oltre detto sparatore, non vidi insieme a lui altre persone...”
Racconta Antonio « In mezzo a quel trambusto riuscii a rialzarmi e cominciai a chiedere aiuto a un vicino il quale ha la sua casa su di un poggio di fronte alla nostra “Corri, corri ci sono i ladri” gridai al mio dirimpettaio e lui rispose “Adesso vengo”, ma poi non venne e lo udii esplodere di lontano un colpo di fucile. Poco dopo accorsero altri vicini armati di fucili e forconi...»
Il giorno seguente i Carabinieri di Tortoreto dando seguito a voci pubbliche arrestarono un ragazzo, quello stesso dodicenne che aveva preso parte alla vicenda e che confessò tutto ciò che sapeva. Il ragazzo fu invitato a fare i nomi di coloro che avevano partecipato all'assalto al casolare, molti dei quali non potè riconoscere a causa dell'oscurità, ma tra quelli che menzionò pare ce ne fossero almeno un paio di coloro che poi erano accorsi in aiuto dei D'Angelo. La vicenda non ebbe conseguenze giudiziarie gravi per nessuna delle persone sospettate poiché furono tutti scagionati per insufficienza di prove. Solo il povero Bernardo D'Angelo ne patì le conseguenze dovendo subire un lungo ricovero ospedaliero durato 186 giorni di cui parte tra la vita e la morte, al termine del quale non fu più lo stesso uomo. Lui che dicevano fosse il più bello dei Crevì, che dicevano fosse il più forte e che pure si rivelò tra i più coraggiosi, si ritirò dalla vita sociale conducendo per il resto dei suoi giorni un'esistenza eremitica, tra quella casa dove era nato e aveva rischiato di morire, e il Vibrata dove andava a pescare e a spaventare, senza volerlo, le ignare avventrici con le sue stranezze. Non si è mai saputo chi gli abbia sparato. Tuttavia alcuni discendenti dei D'Angelo dicono che fosse un noto ladro della zona, un tale che i Carabinieri dell'epoca descrivono come un tipo “taciturno, poco amante del lavoro e nottambulo”. Altri invece riferiscono che fosse una persona nullafacente ma per bene, che frequentava la casa dei Crevì. Il ragazzo dal canto suo fece due nomi, il primo, si disse, estorto sotto torchio dai Carabinieri e il secondo, più spontaneamente, nelle confidenze fatte a un coetaneo. In entrambi i casi si trattava di vicini di casa dei Crevì nullatenenti, ma incensurati. Anche Bernardo riferì un indizio, l'unico indizio che abbiamo sullo sconosciuto feritore. Mentre quest'ultimo esplodeva i colpi che lo avrebbero gravemente offeso, per un frangente la vampata dell'arma illuminò la stanza di quella notte buia e senza luna e apparve la sagoma di un uomo “aitante della persona”, come egli stesso lo descrisse, prima che l'oscurità inghiottisse per sempre l'identità del colpevole."

ROBERTA VALLESE e DOMENICO LATTANZI

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