Siamo arrivati nel piccolo nucleo abitativo di Terrabianca; da qui si srotola una stradina ancora imbrecciata, via della Quercia, stretta come un budello che scende incidendo il pendio di una collina. Ne percorriamo un tratto; è una stradina impervia e un pò inquietante, costeggiata a tratti dalla vegetazione. Sabatino la percorreva col suo calesse per recarsi ogni sabato a Teramo e più spesso nella vicina Corropoli a giocare a carte. La zia Iolanda, figlia di Antonio, racconta che furono proprio i frequentatori del bar a raggirarlo, approfittando della sua bonarietà.
Sopra la strada, oltre i cespugli si scorge il frantoio, con a lato la vecchia casa, di Giuseppe terzo fratello di nonna. La casa dei Crevì invece non esiste più. Conservo un flash di quella grande casa. Nel luogo dove sono tornata, ho cercato di sovrapporre a quello spazio aperto il ricordo che ne avevo per tentare di carpire altri particolari: distava un pò dalla stradina, non era subito visibile; stava sulla collina in posizione panoramica. Era costruita in terra e mattoni, aveva un'ampia cantina seminterrata con una fila di botti che Sabatino amava mostrare (e far assaggiare!) ai suoi ospiti. Pur vivendo dignitosamente, credo che Sabatino non fosse ricco; la sua casa era di terra, una "pingiara", ma vasta come una reggia.
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