"...mi accingo a lasciare su questo vello testimonianza degli eventi mirabili e tremendi a cui in gioventù mi accadde di assistere..." ( tratto da "Il nome della rosa" di Umberto Eco).
Era buio fuori, la famiglia aveva finito di cenare da più di due ore, avevano insieme come ogni sera recitato il rosario intorno al fuoco ; in ogni famiglia contadina c'era questo rito, al termine di ogni dura giornata di lavoro, per quanto la stanchezza ti soverchiasse, non ci si dimenticava di pregare insieme, erano momenti di raccoglimento, pregni di spiritualità. Da quando Antonio era tornato, Filomena ringraziava con maggiore trasporto quel Dio che le aveva reso sano e salvo suo figlio; si era dovuta indebitare molto per tirare avanti la famiglia, non era stato facile per lei; dopo la morte del marito aveva subito anche numerosi piccoli furti, l'ultimo di 15 giorni prima, un furto di oche. Ma col ritorno del figlio Filomena aveva ritrovato una nuova forza, una rinnovata fede nel futuro. Con i soldi di Antonio tutti i creditori erano stati soddisfatti. Lei che era una donna fiera e orgogliosa, proveniente da una famiglia di proprietari di Corropoli (Di Monte) poteva avere finalmente la sua rivalsa. Tutto il paese doveva sapere che suo figlio aveva fatto fortuna in America, che ora non era più la povera vedova indebitata fino al collo che suscitava pietà. Ma così facendo stava solleticando invidia e cattivi pensieri nella gente.
Antonio era ormai un giovane uomo di 32 anni, sua madre stessa stentava a riconoscerlo; il suo ragazzo era passato attraverso l'esperienza americana profondamente cambiato nel corpo e soprattutto nell'animo. Anche quella sera i suoi fratelli erano tornati a tormentarlo e a bombardarlo di domande; avrebbero voluto sentire i racconti dell'America ma Antonio non amava molto parlarne, non era stato un soggiorno il suo, non una gita. Nella sua mente fluttuavano tanti ricordi dolorosi, la maggior parte.
Il barlume del fuoco si stava affievolendo, non veniva alimentato da nuova legna. Si era in procinto di coricarsi e mentre nella casa si ripetevano come ogni sera le operazioni preliminari all'agognato riposo, all'esterno qualcosa di terribile e nefando era in atto. Una banda di balordi stava entrando in azione. Era composta da 6 uomini capeggiati dal marito di una maestra elementare (certa Biaxxx Figxxxxxx). Egli soleva essere assiduo frequentatore della fattoria, spesso aveva bivaccato dai Crevì e ad Antonio non era piaciuto affatto. Aveva fiutato in lui qualcosa di ambiguo e pericoloso e aveva sollecitato sua madre ad allontanarlo ma la donna non era stata dello stesso avviso "E' un tipo per bene, è il marito della maestra, gente istruita, di buona famiglia la sua presenza ci deve onorare Antonio". Quel fannullone degenerato invece era la serpe in seno che sarebbe stata la mente della banda criminale. Vi faceva parte anche un operaio del frantoio, certo Maccxxxx; era accaduto che una volta, cercando di rintracciare Filomena, si era introdotto in casa mentre lei era intenta a contare i soldi rimandati dai suoi figli e ne era rimasto molto turbato e impressionato. C'erano anche due membri, di cui uno appena ragazzo, di una famiglia di ladri recidivi della zona, una famiglia di derelitti che viveva di espedienti e di piccoli furti, certi Murxxx. Gli altri due componenti, Fraxxxx e Urxxx, appartenevano al vicinato. Su quest'ultimo, che proveniva da una stimata famiglia contadina di Terrabianca, non vi è assoluta certezza, fu l'unico infatti a poter esibire un alibi abbastanza convincente. La stessa banda fu certamente l'autrice del furto di oche avvenuto 15 giorni prima forse perchè, com'è noto, quegli animali avrebbero potuto dare l'allarme e ostacolare il turpe piano.
E' credibile secondo te la storia del ladro che dimentica il cappello nel recinto delle oche?
ReplyDeleteDo you think is credible that a thief forgets his hat inside the pen of the geese?